Partenza da largo Santa Susanna alle 9:30 di sabato 8 ottobre 2022
Clicca qui per vedere le foto
Chiesa di Santa Maria della Vittoria All’incrocio tra via XX Settembre e largo di Santa Susanna, rappresenta uno fra i più importanti esempi del periodo barocco a Roma. Il progetto fu affidato all’architetto Carlo Maderno che la edificò tra il 1608 e il 1620. Costruita dapprima come cappella dedicata a San Paolo dai Carmelitani Scalzi, deve il suo titolo alla vittoria dell’esercito cattolico contro i Boemi nella battaglia della Montagna bianca, presso Praga, l’8 novembre 1620. In un momento critico della battaglia, intervenne nel combattimento Padre Domenico di Gesù e Maria, cappellano generale dell’esercito. Appesa al collo aveva un’immagine che rappresentava Maria in adorazione del Bambino. Dal ritratto furono visti uscire dei raggi di luce che abbagliarono gli avversari, costringendoli alla fuga. L’8 maggio del 1622, l’immagine miracolosa fu trasportata nella chiesa, che da allora fu dedicata alla Vergine Maria della Vittoria.
Le Cappelle, cinte da archi decorati con marmi, angeli e putti, sono separate da pilastri con capitelli corinzi dorati. Alle famiglie nobili che lo desideravano, fu concesso l’utilizzo delle cappelle, a patto che ogni famiglia provvedesse a ornarle riccamente, per uniformarsi allo stile della chiesa. Il risultato fu la creazione di magnifici scrigni d’arte.
Tra queste emerge quella della famiglia del Cardinal Federico Cornaro, commissionata a Gian Lorenzo Bernini che la dotò del notissimo gruppo scultoreo raffigurante l’Estasi di santa Teresa d’Avila. La scultura, in marmo e bronzo dorato, fu eseguita tra il 1647 ed il 1652, e rappresenta un momento della vita di Santa Teresa d’Avila.
L’opera incanta i fedeli e i visitatori per la costruzione scenica che vede la santa sospesa al centro di una soffice nuvola. Ai lati della scultura, i membri della famiglia proprietaria della cappella osservano la scena comodamente seduti all’interno di nobili palchetti come se fossero in un teatro.
Nel 1645, in un periodo in cui, con il pontificato di Innocenzo X, la straordinaria carriera artistica di Bernini stava conoscendo qualche appannamento, il cardinale Federico Cornaro gli affidò la realizzazione della cappella della propria famiglia, nel transetto sinistro della chiesa di Santa Maria della Vittoria, a Roma.
Bernini, nell’eseguire la commissione, cercò una sua rivincita professionale verso l’atteggiamento tiepido che il nuovo pontefice mostrava nei suoi confronti e realizzò uno degli esempi più elevati di arte barocca: l’Estasi di santa Teresa d’Avila, eseguita tra il 1645 e il 1652.
La santa scrive: “Un giorno mi apparve un angelo bello oltre ogni misura. Vidi nella sua mano una lunga lancia alla cui estremità sembrava esserci una punta di fuoco. Questa parve colpirmi più volte nel cuore, tanto da penetrare dentro di me. II dolore era così reale che gemetti più volte ad alta voce, però era tanto dolce che non potevo desiderare di esserne liberata. Nessuna gioia terrena può dare un simile appagamento. Quando l’angelo estrasse la sua lancia, rimasi con un grande amore per Dio.” Lo scrittore francese Renan, in visita alla chiesa, disse: Se questa è un’estasi mistica, conosco molte donne che l’hanno provata”.
Chiesa di Santa Susanna Il largo prende il nome dalla chiesa di S.Susanna. Le origini dell’edificio risalgono al IV secolo d.C., quando fu edificata sulle case di Gabinio e Caio, rispettivamente padre e zio della martire. La figlia di Gabinio, Susanna venne decapitata nel 295 dinanzi alla propria abitazione per aver rifiutato di sposare un pagano propostole dall’imperatore Diocleziano, votandosi alla verginità su suggerimento dello zio Caio. La salma venne prima collocata nelle Catacombe di san Callisto, poi suo zio Caio, divenuto in seguito papa, ordinò che la martire venisse commemorata all’interno della sua stessa abitazione. I lavori erano stati affidati a Carlo Maderno prima della chiesa gemella di santa Maria.
Chiesa di S.Bernardo edificata nel 1598 e dedicata a san Bernardo da Chiaravalle, fondatore dell’Ordine dei Cistercensi. La chiesa fu ricavata da una delle due sale circolari poste ai lati del recinto esterno delle Terme di Diocleziano, uno “spheristerium” sala dedicata ai giochi della palla. Viene anche denominata la “chiesa senza finestre”, perché prende luce solamente dall’impluvium, il grande foro circolare (oggi chiuso da un lanternino) posto al centro della grande cupola del diametro di 22 metri, ornata di file concentriche di cassettoni ottagonali decrescenti verso la sommità, come il Pantheon. L’altra sala delle terme, è su via del Quirinale perfettamente conservata.
Fontana dell’acqua Felice Questa fontana è alimentata dall’Acquedotto Felice, dal nome di battesimo del papa che commissionò l’opera, SistoV, Felice Peretti: infatti i pontefici che restauravano gli antichi acquedotti romani usavano realizzare anche delle fontane-mostra per ricordare i loro atti di munificenza. L’acquedotto Felice aveva lo scopo di rifornire d’acqua i rioni alti della città, ma soprattutto la magnifica e vastissima Villa Montalto di proprietà dello stesso papa Sisto V. L’esecuzione dell’opera venne dapprima affidata a Matteo Bertolani di Città di Castello, il quale commise gravi errori di calcolo sulla livellazione. L’impresa venne allora affidata all’architetto Giovanni Fontana, il quale, in due anni, condusse a termine i lavori, inaugurati nel 1587. Sotto l’altissimo attico si aprono tre grandi nicchie, scandite dalle quattro colonne che sono in simmetria con altrettanti leoni egizi posti sulle vasche: quelli visibili oggi sono copie mentre gli originali si trovano ai Musei Vaticani.
Piazza Esedra (della Repubblica) Il primo nome della piazza trae origine dalla grande esedra delle terme romane, il cui perimetro è ricalcato dal colonnato semicircolare che circonda la piazza. Sulla piazza si affaccia la basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, ricavata da un’ala delle terme imperiali romane.
Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri Il nome è stato attribuito a ricordo dei numerosi cristiani che erano morti nella costruzione delle Terme. L’edificio è nato dalla sistemazione nel 1562, a opera di Michelangelo, dell’aula centrale delle Terme.
Michelangelo intervenne nel complesso termale restaurando l’aula del frigidarium e dimostrando un atteggiamento moderno e non distruttivo nei confronti dei resti archeologici. Nel XVIII secolo si segnalano i lavori di Luigi Vanvitelli che decorò nello stile dell’epoca il sobrio interno voluto da Michelangelo. Nel 1911 venne eliminata la facciata del Vanvitelli con l’intento di riportare l’aspetto a quello originario. Le porte sono del 2006. In epoca romana la volta della cupola era un’apertura circolare a cielo aperto che consentiva all’acqua piovana di penetrare e di finire nella piscina sottostante. Con la trasformazione delle terme di Diocleziano in chiesa si è resa necessaria la trasformazione dell’oculo con una vetrata. Michelangelo e Vanvitelli vi installarono delle lanterne successivamente demolite. La nuova lanterna, è opera di un artista italo americano, ha un diametro di circa due metri. Le lenti fanno convergere i raggi del sole verso il basso, facendo in modo che la luce riflessa verso il pavimento sia di colore rosa.
Sul pavimento si nota, sul braccio destro del transetto, la meridiana voluta da papa Clemente XI che la commissionò per il Giubileo del 1700. Tutto intorno alla meridiana vi sono dei riquadri che rappresentano le costellazioni. Una lapide recente afferma che fu usata come orologio solare fino al 1846 quando fu sostituita dal cannone del Gianicolo.
Lo scopo dell’installazione era di verificare la correttezza del Calendario Gregoriano e di determinare la data della Pasqua nel modo più coerente possibile con i moti del Sole e della Luna.
Fontana delle Naiadi Che costituisce l’arrivo dell’Acqua Marcia , addotta da Quinto Marcio Re nel 144 a.C. dall’alta valle dell’Aniene presso Arsoli. Nella seconda metà dell’Ottocento, papa Pio IX fece ricostruire l’anticoAcquedotto. La prima fontana era costituita da una vasca circolare a fior di terra, guizzante di zampilli sovrastati da quello centrale più potente, priva di ornamenti. Pochi giorni dopo, con la presa di Roma, cadeva il potere temporale dei papi. Nel 1885, con l’approvazione del Piano Regolatore venne decisa la sistemazione della piazza dell’Esedra comprendente tra l’altro la costruzione dell’attuale fontana. Nel 1897 fu approvato il progetto di Mario Rutelli (bisnonno di Francesco Rutelli) per l’allestimento della fontana, quattro colossali gruppi bronzei, raffiguranti quattro ninfe, ognuna di esse sdraiata su un animale acquatico, che simboleggiava l’acqua nelle sue diverse forme: un cavallo marino per la Ninfa degli Oceani, un serpente d’acqua per la Ninfa dei Fiumi, un cigno per la Ninfa dei Laghi, una lucertola per la Ninfa dei Fiumi sotterranei. Era il 1901: l’opera suscitò polemiche a non finire per la procacità dei nudi femminili. Nel 1912 fu aggiunto il gruppo centrale attuale, del Glauco, che simboleggia la dominazione dell’uomo sulla forza bruta della natura. È costituito da un uomo nudo, di struttura atletica, che stringe tra le braccia un delfino, dalla cui bocca si eleva un getto d’acqua: fu ribattezzato, dai romani, “l’uomo col pesce in mano”.
Le Terme di Diocleziano sono un complesso monumentale unico al mondo per le dimensioni e per l’eccezionale stato di conservazione. Furono costruite in soli otto anni tra il 298 e il 306 d.C. e si estendevano su una superficie di 13 ettari, nella zona compresa tra i colli Viminale e Quirinale. Il complesso poteva contenere fino a 3000 persone contemporaneamente ed era strutturato con le sale principali del percorso termale distribuite lungo un asse centrale. Dal calidarium, la sala calda riscaldata artificialmente con un complesso sistema di camere d’aria sotto i pavimenti e intorno alle pareti, si accedeva al tepidarium, l’ambiente dalla temperatura intermedia, e quindi al frigidarium, la vastissima sala per i bagni freddi, oggi riconoscibile nella Basilica di S. Maria degli Angeli. Vi erano poi la natatio, un’enorme piscina scoperta di 4000 metri quadrati impreziosita da una maestosa facciata monumentale, due vaste palestre disposte simmetricamente ai lati dell’edificio centrale e una serie di ampie aule con diverse funzioni. Tra queste la più nota è l’Aula Ottagona, anche nota come “Planetario” per l’uso che se ne fece nel secolo scorso quando la sua maestosa cupola a ombrello fu utilizzata per riprodurre la volta celeste.
La costruzione delle Terme fu intrapresa dell’imperatore Massimiano che le dedicò a Diocleziano con cui condivideva il comando dell’impero. L’imperatore realizzò un’opera di tanta magnificenza per donarla ai propri cittadini.
L’impianto restò in funzione fino alla metà del VI secolo quando la guerra contro i Goti causò gravi danneggiamenti alla città e ai suoi acquedotti, interrompendo l’alimentazione idrica. Nonostante i saccheggi di Goti e Vandali, le terme rimasero parzialmente in uso fino al 537, quando i Goti tagliarono gli acquedotti.
Dopo circa mille anni di abbandono, nel 1561 papa Pio IV destinò le antiche Terme alla costruzione di una chiesa e di una certosa, affidando il progetto a Michelangelo. La chiesa fu dedicata alla Madonna degli Angeli e dei Martiri cristiani, in ricordo dei numerosi cristiani che secondo la tradizione avevano trovato la morte nella costruzione delle Terme.
Simili alle Terme di Caracalla (che a loro volta si ispiravano alle Terme di Traiano al colle Oppio), ma ampie il doppio, le Terme di Diocleziano subirono il destino della grandissima parte dei monumenti romani, utilizzate nei secoli come cava di materiali edili anche di pregio da riutilizzare per altre costruzioni, mentre le aule venivano adibite a vari usi privati. Particolarmente grave l’opera di distruzione perpetrata tra il 1586 e il 1589 da papa Sisto V che, per la costruzione della sua villa sull’Esquilino, demolì, anche con l’ausilio di esplosivi, resti nella zona del calidarium.
Felice Peretti, il futuro papa Sisto, acquistò il terreno poco dopo essere stato nominato cardinale, nel 1570, dal medico romano Guglielmini per 1500 scudi.
Tuttavia, il nome di Peretti non appare nel contratto, ma quello della sorella Camilla, ormai vedova, perchè il cardinale non voleva che l’acquisto suscitasse i sospetti del papa, all’epoca Gregorio XIII, sulla sua immensa fortuna, che non era stata ancora dichiarata.
Per questo motivo il papa non voleva che Camilla si sposasse e che la sua proprietà andasse agli eredi della sorella.
La sora Camilla, “che tutti la vonno e nessuno se la piglia” in realtà, è Donna Camilla Peretti (1519-1605), sorella maggiore di Papa Sisto V.
Fu donna di grande cultura e amante delle belle arti, giunse a Roma nel 1586 dalla nativa Piceno e qui sposò Giovanni Battista Mignucci da cui ebbe due figli: Francesco e Maria Felice. Inoltre, sia prima che dopo la morte del marito, alla stessa vennero attribuiti numerosi spasimanti, ma il papa non le permise mai di risposarsi.
Alla fine, Camilla si ritirò in convento dove morì nel 1605.
Una curiosità: abitava in via dei Leutari, dove, alcuni secoli dopo, soggiornò anche il celebre compositore Gioacchino Rossini che qui compose l’opéra-bouffe “Il Barbiere di Siviglia”. Il toponimo della via deriva dai fabbricanti di liuti che vi si erano stabiliti.
Ancor prima di divenire papa nel 1585, il cardinale regalò la casa alla sorella Camilla che vi abitò con il figlio Francesco e la moglie di questi, Vittoria Accoramboni, appartenente ad una nobile famiglia di origine umbra ma presente a Roma sin dalla metà del Quattrocento. Fu così che da questa casa ebbe inizio una tragica vicenda di cui per decenni si parlò a Roma. Il principe Paolo Giordano Orsini, duca di Bracciano, nonché il più potente dei baroni romani, invaghitosi della bellissima Vittoria Accoramboni, non esitò, pur di avere per sé la donna, a far uccidere una sera del 1582 il marito Francesco da alcuni sicari, complice proprio il fratello di Vittoria, Marcello. L’istruttoria non riuscì a risalire al colpevole, sebbene si sapesse bene chi fosse stato, anche perché tre giorni dopo il delitto Vittoria andò ad abitare in casa Orsini ed i due si sposarono, all’epoca era papa Gregorio XIII. Ma quando questi morì nel 1585 e gli succedetteSisto V (lo zio del morto assassinato), i due fuggirono a Padova. Poco tempo dopo anche Paolo Giordano morì, in seguito all’infezione di una vecchia ferita: questo segnò la morte anche per Vittoria, perché il cognato Ludovico Orsini, convinto che fosse stata lei ad aver assassinato il marito, scatenò nella sua casa 40 sicari che compirono una strage. Tutta questa storia è narrata anche da Stendhal in una delle sue “Cronache Italiane“.
Felice Peretti in soli cinque anni di pontificato, come Sisto V, fu “giustiziere” (andava in giro per Roma come un vecchio mendicante per scovare malfattori e anche quelli che parlavano male della Chiesa), fu abile finanziere e urbanista.
Proclamò un solenne Giubileo, inaugurando una prassi proseguita dai suoi successori. Propose il pellegrinaggio alle “Sette chiese” e nel 1589 fece ultimare l’acquedotto “Acqua Felice”.
Proseguì i lavori di ampliamento della Basilica di San Pietro e fu promotore di un programma di sviluppo urbano – tra cui la “via Sistina” – facendo erigere e collocare numerosi obelischi (quelli di San Pietro in Vaticano, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e Piazza del Popolo d’intesa con l’architetto papale Domenico Fontana) sormontati da croci nei punti iniziali o terminali delle grandi direttrici stradali urbane.
Un detto risale alla sua politica vessatoria e fiscale: per la riscossione delle tasse chiamò a Roma numerosi suoi compaesani marchigiani per cui, ancora oggi, scherzosamente si dice: “È mejo un morto in casa che un marchiciano fora da la porta”.